L’esame impedenzometrico è costituito da due momenti diagnostici fondamentali: lo studio della compliance del sistema timpano ossiculare e l’evocazione del riflesso stapediale.

Come ogni esame, va dapprima visionata l’integrità dell’organo da indagare, in questo caso quindi con una semplice otoscopia, va assicurata l’assenza di tappi di cerume o corpi estranei che occupino il condotto uditivo esterno e accertata l’assenza di perforazioni a carico della membrana timpanica. Anche condizioni come l’otite media acuta possono rendere talvolta doloroso tale esame, va pertanto valutato caso per caso l’indicazione all’esecuzione dello stesso.

Dopodiché, si può inserire il terminale sonda nell’orecchio del paziente, che svolge ben tre diverse funzioni: insufflare dell’aria, inviare dei suoni e infine registrare il risultato.

L’insufflazione dell’aria si prefigge di valutare la competenza della membrana timpanica, quindi la sua integrità, e la sua capacità di rispondere in modo elastico a tale insulto con un movimento uguale e contrario per ritornare alla posizione di partenza, valutando ad esempio, la presenza di chiazze calcaree che alterano l’elasticità del timpano. Il suo stretto legame con la catena ossiculare (martello-incudine-staffa) immersa nella cassa del timpano, permette una valutazione indiretta anche dello stato di “salute” di queste strutture: presenza di catarro o assenza di aria nella cassa,disarticolazione di un ossicino etc.

L’invio di suoni in modo automatico o manuale, ci permette la ricerca del cosiddetto riflesso stapediale. Questo, che costituisce un sistema elementare di difesa dell’orecchio dai rumori più forti, si evoca dunque dopo uno stimolo sonoro intenso. La sua eventuale assenza può essere suggestivo di una patologia nota col nome di otosclerosi, cioè un’anchilosi dell’articolazione della staffa. Tale patologia ha carattere familiare ed è progressivamente degenerativa portando alla sordità del soggetto, pertanto va fatta diagnosi per proporre eventuali trattamenti chirurgici.